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Come mai in Italia ci sono tanti dialetti?

I dialetti sono inconfondibili: riconoscereste un veneto o un barese anche se vi trovaste in Siberia, tra un gruppo di cacciatori di renne. L’Italia è il paese dei dialetti, delle parlate locali, ma anche delle minoranze linguistiche. Il dialetto napoletano, benché abbia la dignità di una lingua, per la ricchezza che sa esprimere, è diverso dalla lingua sarda e friulana che si contraddistinguono per essere dei ceppi a parte. Il sardo è una lingua romanza apparentata con l’Italiano, che quindi non deriva dall’italiano, ma ha una sua precisa peculiarità.

Il motivo per cui si sono formati i dialetti dipende dalle caratteristiche di aggregazione e isolamento delle comunità. In paesi frastagliati, nei quali le vie di comunicazione tradizionali sono ostacolate da catene montuose e corsi d’acqua, come nel caso della penisola italiana, si senta a trovare uniformità. È sensazionale il fatto che ciò sia avvenuto anche a discapito del fatto che l’Italia, uscendo dalla dominazione romana durata 8 secoli, avesse a disposizione una rete stradale unica in Europa per estensione e importanza.

Però nel Medioevo, venendo meno la cura che i romani ponevano nella conservazione delle strade, i boschi e le foreste hanno ripreso il sopravvento, circondando borghi e villaggi e costituendo spesso dei confini impenetrabili. Non sorprende che le fiabe più antiche prevedano sempre un bosco come luogo di mistero, tenebroso, difficile e pericoloso e da attraversare.

Inoltre, il nostro paese ha costruito una unificazione politica artificiale, non basata su processi di aggregazione dei paesi vicini, ma per “conquista” o “annessione” tramite dei plebisciti. Con la sostanziale cristallizzazione delle differenze a scapito di un processo di armonizzazione della lingua, che ha conosciuto una spinta solo a partire dalla diffusione della televisione e dell’alfabetizzazione globale, successiva alla seconda guerra mondiale.

Italia paese di comuni, di principati, di signorie e ducati. Paese frammentato e diviso, nel quale il campanilismo diventa un tratto tipico. La ricchezza della lingua, come fenomeno di resistenza all’invasione, viene coltivata da questi centri urbani, anche se non mancano le commistioni che portano poi alla creazione della lingua nazionale, dal volgare latino, italianizzato nel corso dei secoli con le varie impurità provenienti da altre lingue. I dialetti sono il risultato di questa gigantesca frammentazione, di questo continuo rincorrersi della storia, fatto di invasioni, guerre, occupazioni, autonomie, lotte di indipendenza. I dialetti tendono a scomparire quando le lingue preponderanti, espressione dell’egemonia politica, culturale ed economica, iniziano a corroderla. Si trovano sempre più spesso termini italianizzati nella parlata e le giovani generazioni riducono l’impiego del dialetto alla famiglia o comunque a circoli sempre più ristretti.

Molti italiani sono comunque bilingue, parlano la lingua nazionale ufficiale e il dialetto, proprio perché lo si parla a casa, da nord a sud. Il problema è che viene considerato meno prestigioso della lingua ufficiale e quindi usati in contesti molto informali.

Secondo wikipedia esistono 34 lingue parlate e dialetti nel nostro paese. Lo stato riconosce come minoranze linguistiche, ovvero lingue proprie parlate da una minoranza di italiani, l’albanese che si parla in alcune zone della Sicilia e della Puglia, il catalano che si parla ad Alghero in Sardegna, il tedesco che si parla in Alto Adige, il greco presente nel sud Italia, il croato e lo sloveno che si parlano come minoranza nel Friuli Venezia-Giulia, il franco-provenzale che si parla in Val d’Aosta, il ladino parlato nella zona dolomitica di Trentino e Veneto, l’occitano parlato nelle omonime valli, il sardo come lingua comune della Sardegna (di cui esistono almeno due varianti base: il campidanese e il logudorese). Le regioni poi hanno adottato delle misure di tutela e promozione dei dialetti e delle lingue come il veneziano, il friulano, il napoletano. L’Unesco considera in pericolo di estinzione 31 tra dialetti e lingue, come il romanesco, il catalano di Alghero, tutti i vari dialetti del nord e del centro di derivazione celtica o franco-provenzale, quelli di derivazione greca o albanese, il sardo, il sassarese (una lingua a metà tra il sardo e il corso, come il gallurese).