Il mistero delle linee di Nazca

Nel su del Perù, in un’area desertica vasta 520 km quadrati, sorgono dei strani segni, delle linee che rappresentano figure animalesche. Chi li ha disegnati? Perché sono stati fatti? Come mai si vedono bene solo dall’alto?

Un ragno enorme di ben 45 metri di lunghezza è una delle figure più misteriose di Nazca, rappresenta un aracnide tra i più rari del mondo, il genere Ricinulei, che vive solo in zone acquitrinose e inaccessibili dell’Amazzonia. Il disegno è talmente accurato che rappresenta in un’estremità di una zampa anche l’organo riproduttivo, che normalmente si può ammirare solo al microscopio.

Situata tra l’oceano Pacifico e le Ande Nazca presenta un insieme di linee che messe insieme rappresentano la più grande opera di arte grafica del mondo. Il brullo e arido altopiano che le ospita è contrassegnato da aridità, siccità costante e calura, ed è uno dei luoghi meno piovosi della Terra. Ideale per le osservazioni astronomiche.

Negli ultimi diecimila anni, su questo terreno giallo e pallido, arso e bisognoso d’acqua, è caduta pochissima pioggia. Se non ci fosse il vento di tanto in tanto, la nostra impronta rimarrebbe per secoli. I costruttori dei segni erano consapevoli di queste caratteristiche climatiche? Volevano lasciare un segnale ai posteri? E perché le immagini possono essere scorte con precisione solo dall’alto.

Ad eccezione di qualche appunto di sparuti cronisti spagnoli dell’epoca successiva alle conquiste, le linee di Nazca rimasero ignote fino a metà del secolo scorso in pratica, anche se il primo a farne menzione fu l’archeologo peruviano Julio Tello, nel 1926. Gli studi fecero un’ulteriore progresso solo con l’esplorazione di Paul Kosok, archeologo americano, dopo una sua visita nel 1941.

Le linee sono state create letteralmente asportando materiale, raschiando la roccia, fino a mettere a nudo il terreno sottostante. L’operazione sembra essere stata eseguita a mano, visto che non c’è alcun indizio dell’utilizzo di animali da tiro. Le linee si aprono a ventaglio, verso tutte le direzioni, in media misurano 8 chilometri, ma una raggiunge i 65 chilometri. Spesso si incrociano in modo casuale: ci sono forme geometriche come trapezi, rettangoli, cerchi e triangoli che fanno pensare a piste di decollo. Altre volte le forme astratte lasciano spazio agli animali, come è il caso del gigantesco ragno, ma ci sono anche lucertole, condor, colibrì. Le lunghezze lasciano sbalorditi.

Sparsi in tutta la zona vi sono migliaia di tumuli di roccia e pali di legno, sistemati per prendere le misure al terreno e procedere in modo corretto. Ma chi concepì i cosiddetti geoglifi?

Gli studiosi sanno che le linee astratte sono successive agli animali, visto che le prime sono disegnate sopra i secondi. A costruirli furono quasi sicuramente gli indios Nazca che abitavano la valle sottostante, in un periodo compreso tra il 500 a. C. e il 500 d.C. mentre in Europa fiorivano l’età classica greca e poi si andava verso la totale dominazione romana. Il poco che sappiamo di questo popolo, lo dobbiamo alle sepolture e ai manufatti ritrovati, spesso profanati dai tombaroli del posto. Una teoria bizzarra vuole che le linee siano state costruite per dare un punto di riferimento agli alieni venuti sulla terra più di diecimila anni fa. Gli studiosi propendono invece per un’origine astronomica, nel senso che essi dovrebbero aiutare a fissare le date del calendario astronomica, per la semina e per il raccolto, predicendo in qualche modo la posizione delle stelle. Una spiegazione antropologica suggerisce che ciascuna figura appartenesse a una “famiglia” differente, che se ne prendeva cura e che sistemava il proprio tumulo sepolcrale nella stessa area.