Uragani, cicloni, monsoni, tifoni e tornado. Che differenza c’è.

La stagione degli uragani nell’Atlantico centrale, in corrispondenza dei Caraibi e delle coste meridionali degli Stati Uniti, è nel vivo della sua virulenza. Le tempeste che si sono formate hanno già prodotto 15 depressioni cicloniche e 14 uragani, dei quali il più violento e tragico è stato “Matthew” che ha fatto oltre un migliaio di morti nel suo tragitto dalle isole caraibiche fino alla Florida, colpendo in particolare modo Haiti.

Attualmente l’ultimo in ordine di formazione è l’uragano Nicole e questo ci ricorda che negli Stati Uniti, a differenza che in Italia dove un sito ridicolo si vanta di dare i nomi fantasiosi e imbarazzanti ai fenomeni atmosferici di una certa rilevanza, i nomi delle tempeste tropicali seguono un ordine alfabetico. Questo da agli scienziati un vantaggio nello studiare i fenomeni e al pubblico una chiara visione dei fatti circa i pericoli che si corrono, potendo essere informati in modo preciso sull’andamento delle perturbazioni.

Nel Mediterraneo conosciamo delle piccole formazioni cicloniche, più delle super-celle temporalesche, che colpiscono normalmente da fine estate fino a novembre inoltrato, spesso causando dei danni in Campania, Toscana, Liguria e Sardegna. Maggiormente nella parte occidentale più esposta alle correnti atlantiche.

Ogni volta che però sentiamo parlare di uragano, si tende a far confusione terminologica con termini come “ciclone, tifone, tornado”. Anzitutto eliminiamo subito il tornado dal discorso, perché si tratta come sappiamo di una gigantesca tromba d’aria rotante, un vortice formato principalmente da venti ascensionali, che si producono in particolari condizioni. Sono un corollario alle super-celle temporalesche e per questo colpiscono anche in Italia, nell’immediato entroterra di zone particolarmente calde in estate.

I cicloni, gli uragani e i tifoni sono invece la stessa cosa. Il nome che gli diamo cambia semplicemente a seconda del luogo in cui si formano. Chiamiamo uragano le tempeste tropicali in Atlantico, come Matthew, che in genere si formano tra l’Equatore e il tropico del Cancro, al largo delle coste africane, acquisendo potenza e vigore man mano che si avvicinano al Golfo del Messico. Qui normalmente seguono delle traiettorie conosciute: dopo aver investito i Caraibi risalgono verso le coste degli stati meridionali degli USA e spesso arrivano a svuotarsi di energia fino allo stato di New York.

Ciclone è un nome generico dato alla tempesta tropicale, per via del fatto che forma una perturbazione ciclonica, che cioè tende a ruotare su sé stessa, autoalimentandosi. In Asia invece le tempeste tropicali stagionali vengono chiamate “tifoni”. Se sono di una violenza inaudita possono essere chiamati “super tifoni” e colpiscono le coste del Giappone e della Cina meridionale, nonché le Filippine spesso esposte a queste violente perturbazioni con venti che arrivano a soffiare a 180 km/h.

Infine una ulteriore precisazione sui “Monsoni”, che sono i classici venti meridionali dell’oceano indiano responsabili della formazione dei cicloni tropicali, che hanno spesso degli effetti devastanti e che portano, in media, precipitazioni intense responsabili di alluvioni.