Gesù nella storia: le fonti contemporanee

L’opera evangelica di Gesù Cristo, riconosciuto come figlio di Dio e figura dominante e centrale della religione cristiana, ebbe come sfondo storico il periodo degli imperatori Augusto e Tiberio, un periodo di relativa pace, se si eccettuano i tumulti in alcune zone calde, compreso l’immediato mondo giudaico palestinese. Non pochi problemi della sua biografia rimangono controversi, oppure con una risposta ipotetica. Gli studiosi di Gesù nella storia ritengono che si possiedano più informazioni su di lui, di quanto se ne possieda di altri personaggi storici, pur tuttavia rimanendo le fonti storiche legate unicamente ai Vangeli, che rappresentano la fonte principale se non unica delle notizie sulla sua persona. Fuori di essi non abbiamo nessun fatto aneddotico nel resto del Nuovo Testamento, dove si leggono però delle notizie fondamentali circa la sua figura, soprattutto per quanto concerne l’insegnamento intorno a Gesù come persona che esiste prima della sua identificazione come parte della Trinità, come Dio Risorto e quindi come figura centrale di tutta la teologia della Chiesa.

I vangeli apocrifi

I racconti aneddotici abbondano invece in una lunga serie di scritti, detti Vangeli Apocrifi, risalenti ai secoli II-III dell’era volgare, che erano stati scritti da autori disparati per colmare la sete di informazione circa la figura di Cristo, apparentemente oscura anche per i contemporanei. Spesso questi testi sono guidati da un’ingenua aspirazione, costellata di eventi meravigliosi, quasi magici, che intendono riempire il vuoto mostrato dai Vangeli ufficiali, soprattutto a riguardo dell’età oscura di Cristo, che va dai dodici anni fino alla sua manifestazione pubblica intorno ai 30. Va detto che all’epoca dei Romani avere 30 anni non significava essere “giovani”, ma adulti conclamati, maturi e in qualche modo perfino saggi. Il tasso di mortalità, se si eccettua l’Italia e poche zone ricche dell’impero, era molto basso. Mentre a Roma si poteva vivere a lungo oltrepassando di norma i sessant’anni, altrove non era così.

La storiografia ufficiale contemporanea, sulla quale ricaviamo le notizie storiche di personaggi ed eventi accaduti in quell’epoca (si pensi alla ben documentata ascesa di Augusto, al suo principato e alle notizie molto particolareggiate sul suo regno), ignora Gesù. Ciò può essere dovuto al fatto che all’epoca egli fosse molto in periferia rispetto agli storici del tempo, attivi a Roma e in Grecia. Fra gli scrittori più antichi lo storico ebreo Flavio Giuseppe, nella sua opera fondamentale Antichità Giudaiche, nomina due volte Cristo, oltre a menzionare anche la morte di San Giovanni Battista. In un caso la menzione è accidentale, in un secondo caso si parla esplicitamente dell’attività taumaturgica di Gesù e della sua crocifissione e resurrezione, ma in questo caso il brano appare manipolato da un intervento successivo, tanto che gli storici non lo utilizzano affatto. Negli altri storici e scrittori più che di Cristo si parla dei cristiani, che si rivolgevano a lui come a un Dio (Plinio il Giovane, vissuto all’epoca di Traiano), mentre anche Tacito lo nomina negli Annales quando parla della famosa persecuzione di Nerone, dipingendo il cristianesimo come una superstizione tra le peggiori. Questa descrizione totalmente negativa di Tacito la fa sembrare molto più autentica di altre, ma anche qui permangono i dubbi.