L’avventura di Hernan Cortes

Le spedizioni organizzate dai sovrani europei verso il nuovo mondo ebbero un compito esplorativo, ma anche un preciso fine imperialistico, cioè di conquista: Ecco perché agli esploratori si affiancarono ben presto i conquistatori, in spagnolo conquistadores. Questi erano uomini di pochi scrupoli e senza paura, Destinati a divenire protagonisti di avventure temerarie E crudeli, Sia pure sotto il comodo paravento della diffusione del cristianesimo. Tra essi spicca Hernan Cortes. Questi, provenendo dall’isola di Cuba, Il 16 agosto 1519 con poco più 500 uomini, 14 cannoni, 16 cavalli. Era deciso a impadronirsi del Messico su quale regnava Montezuma II, sovrano Azteco. Alcuni indigeni nella loro qualità di portatori di guide ed erano principalmente i nemici degli Aztechi.

Questi ultimi imponevano a molte popolazioni locali non solo pesanti tributi in oro e in derrate alimentari, ma anche in uomini e ragazzi poi, nella maggior parte dei casi, sacrificati. Ecco perché Cortez apparve loro come un liberatore dal sanguinario dominio di terrore di Montezuma. Dopo aver superato tutta una serie di ostacoli, Cortez raggiunse Tenochtitlán, la capitale del regno di Montezuma. Questi si era recato incontro con il suo seguito tra gli indigeni festanti, impressionato soprattutto dalle armi da fuoco e dai cavalli ancora sconosciuti nel continente americano. Molti aztechi pensarono allora di trovarsi di fronte all’attuazione di una tremenda profezia, secondo la quale l’ultimo re dei Toltechi sarebbe tornato per vendicarsi della violenza subita. I due tentarono di avere un rapporto amichevole basato sui reciproci interessi, ma gli spagnoli erano interessati alloro e metalli preziosi e chiesero a sovrano azteco dimostrargli la sala dell’oro. Gli Spagnoli arraffarono tutto, fondendo in piastre l’oro trovato. Questo fece precipitare la situazione. Quando Cortes era fuori città impegnato trovare alleati, gli aztechi si ribellarono e corse voce di un imminente massacro. Avvenne però il contrario: atterriti dalle visioni dei sacrifici umani, gli Spagnoli, comandanti dal luogotenente di Cortes Pedro de Alvarado, massacrarono 600 aztechi, facendo divampare la ribellione. Cortes tentò subito di sedarla, ma ormai era troppo tardi. Costrinse Montezuma, di fatto suo prigioniero, a parlare in favore degli occupanti, ma questo gli inimicò il suo popolo che lo accuso di essere un traditore. Lo assalirono e lo ferirono a morte, Montezuma, convinto di trovarsi al centro di una profezia che si avverava, si lasciò morire, lasciando il suo paese in preda all’anarchia. Nella “noche triste” gli Aztechi si vendicarono delle perdite subite e uccisero a decine gli spagnoli, che fuggirono notte tempo a bordo di barche e giunche dalla città ricca di canali. Solo grazie alle sue alleanze Cortez poté riprendere in mano la situazione sottomettendo l’intero paese.