Chi era Nostradamus?

Michel de Nostredame, noto con il nome latinizzato di Nostradamus, fu un medico e astrologo francese vissuto nel XVI secolo, celebre per la raccolta poetica Les Prophéties, considerata da molti un’opera profetica.

Nato nel 1503 e morto nel 1566, divenne una figura ambigua e controversa: celebrato da alcuni come veggente, criticato da altri come compilatore colto e opportunista, ma privo di reali doti divinatorie.

Un medico tra scienza e astrologia

Nostradamus ricevette una formazione solida in nelle arti del tempo, in particolare medicina e astronomia.

Visse in un’epoca in cui la distinzione tra scienze naturali e e pratiche esoteriche era ancora fluida. Lavorò a lungo come medico itinerante, soprattutto durante le epidemie di peste, guadagnando notorietà per i suoi interventi sanitari e i metodi poco ortodossi per l’epoca.

Fu proprio durante questi suoi spostamenti in Francia, in Italia e nella Germania meridionale che entrò in contatto con ambienti vicini all’alchimia e alla mistica apocrifa.

Lesse opere condannate dalla Chiesa ed entrò in contatto con gli scritti del famoso alchimista e farmacologo Paracelso. Forse ebbe contatti con il mago tedesco Faust, che ispirò il celebre dramma di Goethe.

Le sue profezie

L’opera che lo rese famoso, Les Prophéties, è una raccolta di quartine poetiche pubblicata a partire dal 1555, divisa in centurie numerate.

Contrariamente a quanto spesso si crede, Nostradamus non rivendicò mai apertamente capacità profetiche.

Nei suoi scritti affermò più volte di non considerarsi un veggente: la sua attività consistette piuttosto nella rielaborazione poetica di materiali preesistenti. Tra le fonti principali si trova il Mirabilis Liber, una raccolta di visioni e testi apocalittici già in circolazione nel suo tempo.

A queste si aggiungono riferimenti espliciti o impliciti alla Bibbia, alla letteratura latina, alla filosofia neoplatonica e a testi astrologici classici.

Le quartine, composte da soli quattro versi ciascuna, vennero ulteriormente rese oscure attraverso l’uso di trovate stilistiche e retoriche volte ad ammantarle di mistero: gli anagrammi e le allusioni si susseguono, dicendo e non dicendo anagrammi, metafore criptiche e allusioni volutamente ambigue.

Nostradamus, consapevole delle tensioni religiose del periodo, adottò questo linguaggio opaco anche come forma di protezione contro accuse di eresia o magia.

Un’immagine costruita nel tempo

L’iconografia di Nostradamus – barba lunga, sguardo sereno, abito nero elegante – ricalca quella del sapiente rinascimentale, il “dottore universale” che unisce la sapienza di varie arti, non tutte scientifiche.

In realtà, la sua fama si consolidò postuma, quando le sue quartine cominciarono a essere rilette e reinterpretate alla luce di eventi già avvenuti.

Questo meccanismo di retroproiezione, noto come retroprofezia, fu decisivo per costruirne la leggenda: molte delle sue presunte “predizioni” furono in realtà attribuite o adattate a posteriori.

La ricezione dell’opera, dunque, fu profondamente condizionata non solo dal contenuto, ma dal contesto storico e culturale che le diede nuovo significato: guerre, crisi religiose, ascese dinastiche, rivoluzioni.

Ogni epoca trovò nelle quartine immagini familiari, riconducibili alle proprie inquietudini. Una forma rassicurante di predizione del passato.

Tra mito, simbolo e ricezione critica

Oggi la figura di Nostradamus si situa tra storia e cultura di massa, con accenti di simbolismo.

Non esiste una vera e propria comunità accademica dedita allo studio sistematico delle sue opere. Le sue quartine sono state oggetto di innumerevoli pubblicazioni e commenti, spesso più orientate all’effetto divulgativo o all’interesse esoterico che a una reale interpretazione filologica.

Il suo nome è un po’ diventato il sinonimo di veggente e viene spesso rievocato in occasione di grandi catastrofi o svolte storiche (dall’ascesa di Hitler all’11 settembre, dal cambiamento climatico alla pandemia).

La sua opera resta un caso letterario e culturale più che una fonte predittiva: un esempio affascinante di come l’ambiguità formale e la ricchezza simbolica possano generare una fortuna duratura, a prescindere dalla verità storica del contenuto.

Una manipolazione del messaggio ante litteram che ancora oggi trova fortuna nelle nuove forme di comunicazione di massa.

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